Ultime visioni, maggio 2017
Molti film dalla mia rassegna domestica.
In ordine sparso:
I Am Not a Serial Killer (Billy O’Brien, 2016)
Thriller di cui è difficile parlare senza spoiler, per cui dirò solo che è un film molto strano, in cui i pregi superano i difetti.
Get Out (Jordan Peele, 2017)
Adoro Jordan Peele dagli sketch di Key & Peele e anche dalla prima stagione di Fargo. Nei panni del protagonista Daniel Kalluya, quello dell’episodio Fifteen Millions of Merits di Black Mirror. C’è anche Marnie di Girls che fa Marnie di Girls.
Il film è un horror che parla di razzismo nell’America contemporanea, ed è figo.
Before I Fall (Ry Russo-Young, 2017)
Mean Girls incontra Ricomincio da capo. Coming of age delle bullette, quattro studentesse di liceo che sembrano delle modelle, protagonista Zoey Deutch ovvero “Ellen Page da discount”. Colonna sonora sul pezzissimo di questo decennio. Programmaticamente poco originale, ma è una variazione sul tema con un suo perché.
The One I Love (Charlie McDowell, 2014)
Commedia romantica, fantascienza metafisica, thriller. Tutto insieme. Assurdo. Bellissimo.
Il regista è lo stesso di The Discovery, ma questo è meglio.
Su Netflix.
We Need To Talk About Kevin (Lynne Ramsay, 2011)
Tilda Swinton è il film. Non è la storia di uno psicopatico, ma della madre di uno psicopatico. Quindi gioie della maternità (spoiler: non ce ne sono), depressione del presente, come siamo arrivati qui. Per tutto il film vorreste gridare alla mamma di Kevin: “Guarda che anche da voi esiste la psichiatria”, ma il punto non è quello. Il film è bello, anche se non cerca mai di uscire dalla casa di questa famiglia borghese: è una storia che riguarda loro e loro soltanto, non il mondo in cui vivono.
Green Room (Jeremy Saulnier, 2015)
La storia di un assedio e di gente che si fa del male. Punk contro nazisti. Angoscia. Green Room spacca, Jeremy Saulnier spacca, Blue Ruin spacca.
Maggie’s Plan (Rebecca Miller, 2015)
Commedia newyorkese e hipsterina, molto Woody Allen. Protagonista Greta Gerwig, ormai feticcio di questo tipo di cinema, oltre che autrice lei stessa di sceneggiature non distanti dal film di Rebecca Miller. I personaggi sono tutti accademici (anche di seconda generazione), bianchi, ricchi e eterosessuali.
Il film è divertente, spensierato e godibile, ovviamente se accettate le sue premesse.
Unfriended (Levan Gabriadze, 2014)
Un film horror ambientato su Skype potrebbe essere ben più noioso, anche se sono un po’ troppo sopra le righe proprio le parti prettamente horror. La lezione di vita: pensateci bene prima di rompere il cazzo alla gente su YouTube. Da guardare mentre si chatta con gli amici per provare brividi sinceri.
Into the Forest (Patricia Rozema, 2015)
Evan Rachel Woods e Ellen Page sono sorelle in una storia di apocalisse da camera, anzi, da baita. Qualche momento buono, qualche altro più fiacco. Interessante per chi ama i film retti da pochi attori in uno spazio circoscritto.
Su Netflix.
Fright Night (Craig Gillespie, 2011)
Remake di Ammazzavampiri del 1985, è una commedia horror in cui le parti horror lo sono per davvero. C’è Colin Farrell vampirazzo in canotta, com’è giusto che sia. Lo script è adattato da Marti Noxon, già sceneggiatrice e producer di Buffy the Vampire Slayer. E in effetti, c’è qualcosa di buffesco nel film, che infatti non è malvagio. Ma non aspettatevi un capolavoro.
In ogni caso, lo vorrete guardare comunque quando realizzerete che il tizio nella foto è David Tennant in versione prestigiatore zarro.
Su Netflix.
Split (M. Night Shyamalan, 2016)
Non è una trashata come altri film di M. Night Shyamalan, ma devo dire che dello Shy redento mi è piaciuto di più The Visit.
Il film ha ricevuto critiche per l’exploitation dell’abuso sui bambini.
Aggiungo un trigger warning meno grave: per vedere il film, non deve risultarvi insopportabile l’espressione di James McAvoy qui sopra, visto che Split è basato al 90% su lui che fa faccette.
Alien: Covenant (Ridley Scott, 2017)
È un film su Alien, quindi va bene.
Qui su Letterboxd l’elenco completo delle mie visioni filmiche del 2017.