The Girl with All the Gifts: zombie bambini

Un film Netflix che cerca soluzioni originali nel suo genere

Sara Mazzoni

--

Originale Netflix intitolato in italiano La ragazza che sapeva troppo, The Girl with All the Gifts è un film inglese del 2016, diretto da Colm McCarthy e adattato dal romanzo omonimo di M.R. Carey. Appartiene a quel filone che tratta dell’esistenza di ibridi umano-zombie, girando attorno all’idea di post-umano, con meccanismi simili a certe storie sull’A.I. — in questo caso, ho trovato qualche punto di contatto con Morgan, un piccolo thriller indie fantascientifico uscito sull’onda di Ex Machina: le nuove generazioni sono diverse dall’Homo Sapiens, una sua evoluzione. Una ragazzina viene tenuta in gabbia per essere studiata dalla scienza. Non conosce il mondo esterno, finché non riesce a evadere. Le persone attorno a lei sono divise sul considerarla o meno umana. Qualcuno vorrebbe ucciderla, qualcun altro sviluppa un attaccamento morboso nei suoi confronti. E via dicendo. Tant’è che la recitazione di Sennia Nanua, nel ruolo della ragazzina Melanie, sembra volutamente robotica, ammiccante a quella sorta di Asperger che viene abitualmente conferito ai personaggi che svolgono lo stesso ruolo dei robot nella trama di un film.

Il punto di riferimento principale di tutto il sotto-genere non può essere altro che I Am Legend, inteso come il romanzo di Richard Matheson e non il filmaccio con Will Smith; ma ci sono altre opere recenti che riprendono idee simili (il videogioco The Last of Us, il film The Cured, la serie In the Flesh). Quindi, alla base di tutto c’è la difficile coesistenza tra gli umani e questi nuovi bambini modificati. La nuova generazione viene tenuta in schiavitù, vessata, privata di ogni diritto perché i loro custodi quando li guardano non vedono dei bambini veri, ma un fungo che ha trovato un modo creativo per espandersi.

Proprio per questa ragione, il primo atto del film è il più bello. Non ripete i soliti cliché del film di zombie, ma tira fuori idee originali, con l’ambientazione nella base in cui questi ragazzini sono rinchiusi, seguendo la vicenda dal punto di vista di Melanie. Fa seguito un secondo atto più convenzionale, che ha però il pregio di mostrare ancora la difficile coesistenza tra Melanie e gli umani, mentre la protagonista prende coscienza di sé e del mondo esterno (ancora una volta, come una classica A.I.). C’è qualche momento in cui la sospensione dell’incredulità scricchiola, specialmente per come viene rappresentata una tribù di ragazzini ibridi in stile Signore delle mosche, sfiorando spesso il ridicolo involontario. Per fortuna il film è puntellato da un finale come si deve, rarissimo ma doveroso con una storia come questa. Complessivamente innovativo, nonostante una parte centrale dove l’avventura diventa più classica.

--

--

Sara Mazzoni
Sara Mazzoni

Written by Sara Mazzoni

Podcast: Attraverso Lo Schermo. Scrivo di cinema e televisione.

No responses yet