The Devil All the Time — recensione

Southern gothic di Antonio Campos uscito su Netflix

Sara Mazzoni
4 min readJan 3, 2021

The Devil All the Time di Antonio Campos è un southern gothic uscito qualche mese fa direttamente su Netflix. Lo definirei come “ASMR della violenza”; adesso mi spiego. “Della violenza” in primo luogo perché è sempre al centro del discorso se non il suo scopo finale: è un racconto corale in cui tante storie si intrecciano e tutte quante ruotano attorno ad atti violentissimi, in alcuni casi perversi. Dico “ASMR” richiamando un genere di video youtube concepiti per dare buone sensazioni attraverso vari input sensoriali. Capisco che può suonare male riferito alla rappresentazione di una sequela di omicidi, però m’è sembrato che il film fosse concepito con questo obiettivo.

Lo guardo da un punto di vista formale: l’intreccio è fatto come un puzzle narrativo giocato con anticipazioni e salti temporali che già da solo è molto ASMR, se vi piacciono queste cose. Usa come narratore Donald Ray Pollock, lo scrittore del romanzo da cui è tratto, la cui voce aderisce perfettamente allo spirito del film sia per come suona, sia per la convinzione con cui enuncia le battute. Questa voce fa da filo conduttore nel gioco delle anticipazioni e degli incroci di trame, rendendolo godibilissimo senza doversi fermare troppo a pensare alla non linearità.

Oltre agli snodi narrativi in sé, un’altra cosa che si segue con interesse è il casting stesso, perché anche nei ruoli più piccoli si trovano interpreti molto noti e di carisma. In quel senso è ulteriormente ASMR perché ti spara uno dietro l’altro Bill (il migliore degli) Skarsgård, Mia Wasikowska, Riley Keough, Sebastian Stan, Tom Holland, Robert Pattinson, e poi Harry Melling, Haley Bennett, Jason Clarke, Eliza Scanlen — probabile non conoscerli tutti per nome, ma si riconoscono appena arrivano sullo schermo. Molti di loro hanno degli accenti assurdi, che per qualcuno potrebbero essere deal-breaker. Comunque è un’orgia di belle facce note incastrate in ruoli dal principale al minore, attivando quella parte di riconoscimento facciale nel cervello di chi guarda.

Tutte queste belle persone sono sadicamente messe in posizioni impossibili, condannate dal primo secondo a un destino tremendo. Il peccato è come un virus che si propaga; l’esito è morte certa, come in un domino in cui ogni tessera crolla toccandone un’altra. Non c’è una riflessione profonda dietro a questo meccanismo: è soprattutto formale e questo ha infastidito una parte del pubblico. Anche legittimamente, ho letto pareri molto ragionevoli sul tema. Solo che non li condivido perché ho apprezzato la natura giocosa e al tempo stesso tetra del film, il modo in cui ordina le tessere del puzzle southern gothic ottenendo il massimo effetto possibile. Non ci sono tropi nuovi e idee originalissime, è un bell’esercizio e funziona o può essere detestato in quanto tale.

Con una delle prime scene The Devil All the Time setta subito le aspettative senza lasciare ombra di dubbio su quali saranno i contenuti. Parere personalissimo, io ho trovato riuscite le varie immagini violente. I personaggi sono delineati appena, figurine postmoderne se si può ancora dire quella parola. Il film è fatto in modo da riuscire a staccarsi abbastanza per non soffrire orrendamente del loro destino, però non è neanche un torture porn. C’è un dosaggio esatto della violenza in scene che sono realizzate in modo gratificante perché esplicito ma non morboso. Ci sono piccole rivelazioni non troppo insistite sui dettagli più tremendi (per esempio: intravedi appena il cane e cosa fanno i serial killer), mentre le sequenze di vero e proprio confronto letale riguardano quasi sempre rese dei conti in cui abbiamo un coinvolgimento non doloroso (anzi, nel caso del protagonista il coinvolgimento implica tifare per la violenza che commetterà). Direi che l’unica eccezione a questi meccanismi è la scena della morte di Mia Wasikowska, gratuita nell’economia generale della storia, in cui lei tra l’altro occupa uno spazio ridicolo.

Insomma, la violenza del film è dispensata secondo un andamento che la rende paradossalemente piacevole perché sono state create tutte le condizioni perché lo fosse. Capisco perché possa risultare irritante, ma su di me ha avuto l’effetto inverso.

--

--

Sara Mazzoni
Sara Mazzoni

Written by Sara Mazzoni

Podcast: Attraverso Lo Schermo. Scrivo di cinema e televisione.

No responses yet