SERIE TV e STREAMING — Gennaio 2020
Un mese moscio per lo streaming seriale e televisivo
Ricomincia l’anno televisivo. Sarà che ho le energie critiche rinnovate, ma in gennaio non è che abbia visto tanta roba che mi sia davvero piaciuta. A maggior ragione, vi invito a leggere il mio acidissimo post 👿 ora scrivo qualcosa per non mettere il punto dietro l’emoji.
Novità
Dracula, stagione 1. La prima voce è una delle serie che ho apprezzato di più. Non è piaciuta quasi a nessuno, a me invece sì. Non so bene come convincervi del fatto che non sia una merda, siete troppi e fortemente motivati. Ci provo così: il pregio principale di questo Dracula è il suo ritmo serratissimo, con episodi costruiti sulla base di piccole unità narrative, dei microatti (non è un fatto estetico palese, è una mia analisi della struttura). Quando si concentrano così tanti plot point in poco spazio, ne risulta un ritmo che inchioda allo schermo, elemento da me gradito specie se mi stai proponendo episodi da un’ora e mezza a botta. In questo video di Just Write su Death Note viene spiegato bene il meccanismo a cui faccio riferimento. Nell’era dello streaming questo tipo di scrittura è usato poco, per ragioni che posso solo supporre (la gente rimane collegata lo stesso anche senza, per cui essendo una scrittura che richiede un lavoro maggiore, Netflix scoraggia economicamente i suoi spettatori da intraprenderla, con rare eccezioni tipo Russian Doll). Per me sarebbe sufficiente questo a promuovere Dracula, ma in realtà ho gradito anche gli azzardi fatti dall’adattamento. Lo trovo iconoclasta, e penso che sia la ragione principale per cui è stato insultato. È come per l’Agatha Christie di Sarah Phelps: io capisco perché stia sul cazzo, davvero, però non riesco a non provare stima per queste persone che provano seriamente a immaginare testi così noti in maniera differente. Dracula di Steven Moffat è kitsch e divertente e a me piace per questo, compreso il famigerato terzo episodio.
The Outsider, fino a 1x04. Serie HBO adattata da Stephen King, è esattamente tutto quello che vi aspettereste dopo aver letto questa frase. Nel bene e nel male. Non ha particolari meriti innovativi, come serie classica regge abbastanza bene il confronto con i diecimila titoli simili; ma non svolta mai per davvero, almeno fin qua. L’atmosfera è quella di un mistery sovrannaturale con atmosfere e ritmo slow burn, vagamente ispirati a True Detective. Il risultato non è male da un punto di vista estetico, il problema però è che mentre la camera fa le sue lentissime zoomate verso i personaggi, io a volte mi addormento — intendo in senso letterale. Forse il vero problema è averne fatto un drama austero, invece di esagerare come fanno in Castle Rock. Gli attori mi piacciono molto, soprattutto i due lead character Ben Mendelsohn e Cynthia Erivo. Non che stiano dando le interpretazioni della loro vita, è che sono una fan di entrambi e godo sempre quando li vedo.
Work in Progress, stagione 1. Dramedy in 8 episodi prodotto da Lilly Wachowski. Tutto prevedibile, però è una serie piacevole. La commedia sentimentale in questo caso parla di della relazione tra una donna queer di mezz’età e un giovane uomo trans. Si parla molto di queerness, di questioni di gender, di depressione e malattia mentale. Non tutto è trattato in modo profondo — e ci mancherebbe, con tutta questa carne al fuoco. Come commedia romantica è abbastanza convenzionale, ma almeno usa personaggi solitamente poco rappresentati e divulga temi importanti.
Star Trek: Picard, primo episodio. Boh, non sono un’appassionata di Star Trek. Mi sono fatta dei ripassi su Wikipedia e l’impressione è che questa potrebbe essere la trama di qualsiasi altro show, adattata all’universo di Star Trek; ma magari ho capito male io, eh. Di buono ha che si può guardare anche se non si conosce la mitologia che c’è dietro. Come serie di fantascienza, da questo episodio direi che è potabile e nulla più, ma potrebbe prendere qualsiasi direzione.
Avenue 5, primi 2 episodi. Nuova commedia di Armando Iannucci, creatore di VEEP (una delle mie comedy preferite). Qui abbiamo personaggi cinici e disorganizzati come in VEEP, però nello spazio. La serie si fa guardare e la seguirò fino alla fine; devo però constatare una certa vecchiezza del tutto, sembra un’operazione di 10 anni fa, ma non arriva ai livelli alti della serie precedente.
AJ and the Queen, la serie con RuPaul. Sono durata 2 minuti dal poco che mi attira la premessa, me la consigliate o lascio direttamente perdere?
Zoey’s Extraordinary Playlist, primo episodio. Commedia musicale. Non mi ha fatta impazzire ma forse farò un altro tentativo. Per ora non l’ho trovata abbastanza brillante, era tutto piatto, trito, meccanico.
Ritorni
The Chilling Adventures of Sabrina, stagione 3. Non mi ha entusiasmata neanche lei, e dire che ero una grande fan. Mi pare che sia caduta sotto la maledizione di Netflix, che dopo la seconda stagione non crede più nei suoi show. A vederla, sembra che mancasse del budget e che lo stile sia precipitato. La trama è gonfiata a dismisura, sarebbe bastata sì e no per arrivare a metà stagione e invece viene tirata fino alla fine. Non credo che fosse stata concepita così fin dall’inizio, la struttura è troppo traballante. Penso che sia stata allungata per rimandare la fase con la Sabrina doppia alla stagione dopo. Non mi è piaciuto neanche il conflitto coi pagani, l’ho trovato antitetico ai principi della serie: Sabrina finisce per dover combattere contro gente che tutto sommato le è pari, in difesa dei valori chiusi della sua setta che non si distingue molto dal cristianesimo, a questo punto. In generale, il clima è meno innovativo, più anni ’90 (in The Witcher funzionava perché faceva ridere, qui è tutto molto qualsiasi). Non mi è piaciuto neanche lo stile più vicino a Riverdale, che rende tutto più caotico e non ho gradito neanche i numeri musicali. Belli gli spunti (orrori cosmici, time loop, regine infernali, paganesimo), sottotono la realizzazione.
Grace and Frankie, stagione 6. Questa per me la potrebbero continuare a fare in eterno e la guarderei sempre volentieri. Come stagione è transitoria e innocua, ma questo mi ha fatto piacere. Nel corso degli anni, la serie ha affrontato tanti passaggi drammatici che fanno parte della terza età, risolvendoli sempre con leggerezza ma creando comunque un po’ d’ansia. Questa volta sono stata contenta che non ci fossero mazzate troppo forti per nessuno. Bellissimo il water inventato dalle protagoniste, stupenda come sempre Jane Fonda. È vero che le due sono delle grandi privilegiate (signore borghesi, bianche, ricche), però voglio loro bene lo stesso.
Sex Education, stagione 2, primo episodio. Ho guardato solo questo perché durante la puntata m’è scoppiato il maccosometro, ma con calma mi recupererò anche il resto della stagione. Come inizio, non mi è piaciuto.
Continuate dal mese scorso
Su tutte queste serie potete leggere anche i commenti che ho scritto nell’edizione di dicembre, che in alcuni casi sono più articolati.
Ray Donovan, stagione 7. Un disastro, per fortuna la prossima è l’ultima. La stagione inizia con alcune idee stimolanti, che però vengono tutte abortite nel giro di poco tempo. È come se fossero state ipotizzate alcune sottotrame (una per Bunch e una per Terry, per esempio), fosse stato creato il set-up e poi fosse stato tutto abbandonato. Anche Ray: inizia in terapia, ragiona su come essere meno violento; poi questa roba viene eliminata, non torna più, non si capisce neanche perché c’era. La gestione di lui, il protagonista, è atroce. Da 2 stagioni ormai non lo fanno nemmeno parlare, è una macchietta che guarda la gente e grugnisce, come in una parodia. La confusione di questa stagione fa pensare che sia successo qualcosa durante le riprese, che tutte le trame previste siano state cancellate o dirottate verso qualcosa di nebuloso. Anche Sandy (unica novità figa delle ultime due stagioni), dove cazzo è finita? Arriva fino a metà stagione e scompare nel nulla. Ma la mazzata finale è la parte coi flashback curata malissimo, con un tremendo Ray giovane. L’arco legato alla sorella morta è una della cose più banali che si siano viste nello show, e non fa niente di buono sul tema dello stupro, per l’ennesima volta usato per triggerare il personaggio maschile. Anche quest’anno, non si salva quasi niente.
The Witcher, stagione 1. Come dicevo più su, qui funziona il discorso di rievocare serie più vecchie, nello specifico le cose tipo Xena. Per quanto un po’ balorda e sbilenca nella struttura generale — insomma, una tipica serie Netflix — l’ho trovata divertente e piacevole. Il suo punto d’onore è quello di non prendersi mai troppo sul serio, e in quel senso la trovo una boccata d’aria fresca. Non mi dispiace che ci siano concessioni a un erotismo soft, che siano mostrati i corpi bellissimi di attori e attrici, anche se mi sembra ci sia stato uno sbilanciamento nel far vedere le tette di Yennefer anche in momenti in cui boh, forse non era così necessario? Lei comunque è immensamente gnocca e ha un carisma che sostiene tutta la serie. Geralt di Rivia grugnisce molto meglio del Ray Donovan invecchiato che ci è stato dato in questo gennaio. Bella l’ambientazione fantasy.
Per me The Witcher è una serie riuscita, a dispetto di alcuni difetti di struttura, perché trasmette delle buone sensazioni. Mi ha portata a riflettere su come il successo di uno show a volte ruoti soprattutto intorno a questo, mentre una composizione diligente ma smorta degli incastri di trama non sempre ripaga. The Witcher la vedo come un anti Game of Thrones nel modo di intendere l’avventura fantasy in televisione. C’è una trama orizzontale, persino una concessione al mosaico non lineare, ma la vera anima dello show si trova nelle singole avventure di puntata. C’è l’epica della formazione dell’eroe (dell’eroa, Yennefer), c’è la romance, ma non c’è timore nel rubare spazio al protagonista maschio e manzo, che è utilizzato più che altro come un conduttore erotico della vicenda. Yennefer è il vero personaggio da seguire, Geralt è un contorno uscito da una fantasia erotica nerd. Come tale è giustamente sano e forte, ma è anche gentile e sensibile, più dell’eroe medio(cre) che non deve chiedere mai. In questo senso, The Witcher sembra fare riferimento a un target molto più femminile rispetto a Game of Thrones, ma nonostante ciò ha avuto un grande successo, dimostrandosi trasversale. Questo lo trovo un buon segno, quel segno che non è stato per esempio raccolto dalla HBO, ma almeno da Netflix sì.
Servant, stagione 1. Dopo i primi episodi ha perso molto del suo ritmo, diventando un giochetto attorno al suo trucco. Mostra cose che avrebbero senso solo se si conoscesse il segreto nascosto: questo a lungo andare stanca e rende noiosa la visione, invece di creare suspense. Ho comunque gradito il clima che viene creato nella scatola claustrofobica della villetta borghese in cui accade tutto, ma non ho ricevuto la vera soddisfazione di un pay-off finale dopo una parte centrale che ho trovato allungata rispetto alla vera materia di cui lo show disponeva (il solito problema). Per fortuna gli episodi erano brevi, perché già così sembravano lunghissimi. Riguardo a Servant è venuta fuori una storia di plagio sulla quale ho opinioni contrastanti. Vi linko questi articoli, ma per farvi un’idea personale vi consiglio vivamente di guardare sia la serie, sia il film in questione, così capirete meglio la complessità del discorso.
See, stagione 1. Le parti migliori sono quelle iniziali, la stagione nella sua interezza è godibile ma non è nulla di rivoluzionario. Vedrò comunque volentieri il proseguimento, anche se ho trovato il finale di stagione frettoloso.
You, stagione 2. Non ho molto da aggiungere a quanto già detto il mese scorso. Sempre carina, ma i colpi di scena erano veramente prevedibili e le somiglianze con alcune storyline di Dexter eccessive. Rimane però una di quelle serie di cui mi sparerei 10 stagioni una dietro l’altra perché è divertentissima.
Truth Be Told, stagione 1. Veramente brutta, serie Z.
This Is Us e Evil, ne riparlo direttamente quando finiscono le stagioni.
Rewatch
Desperate Housewives, stagione 6. Ed ecco la mia rubrica mensile su Desperate Housewives, di cui sto portando avanti da mesi un rewatch molto interessante. Parliamo di una televisione di ormai 10 anni fa, che però ha gettato le basi per la serialità contemporanea. La sesta stagione però è quella che mi ha dato meno soddisfazioni. L’ho trovata stanca — a differenza della settima che ho iniziato da poco. Ci sono varie sottotrame che vengono introdotte e accantonate per tempi lunghissimi, con un ritmo stagionale dilatato e squilibrato. Il finale esemplifica al meglio i problemi di scrittura di quel periodo della serie: ci sono ben 3 psicopatici diversi che minacciano 3 casalinghe diverse, tutto allo stesso tempo ma in luoghi diversi, senza che nessuna di queste 3 storie sia in qualche modo tangente alle altre. Il fascismo intrinseco allo show anche qui non manca mai; su tutto, cito come climax la storia della nuora russa di Lynette, vertice xenofobo dello show. Momenti cringe come se piovesse, ma poca verve nei dialoghi e molta ripetitività negli elementi narrativi.
Mi mancano
Shrill stagione 2, Awkwafina Is Nora from Queens primi 2 episodi, The Circle stagione 1, Ares stagione 1. Del finale di BoJack Horseman parlerò a febbraio.
Avviso
Per favore: non chiedetemi dove si trovano le serie. Usate Google come fanno le persone a modo.