Leggo prima il libro o guardo la serie?
The Terror, Margaret Atwood, romanzi, film e televisione
Mi sono accorta di quanto mi piace una cosa che credevo problematica: leggere i libri da cui sono tratti i film e le serie. Il problema sarebbe che devi scegliere quale delle due cose fare per prima: leggere o guardare? Una volta nota tutta la storia, si pensa che non si fruirà altrettanto bene il racconto fatto attraverso l’altro medium. È un po’ la cultura dello spoiler, quella che ci incoraggia a pensare che il valore di una narrazione si abbassi per forza quando se ne conoscono gli snodi. Qualche volta può pure essere vero.
Ho fatto vari esperimenti e mi sono resa conto che prendere in mano il libro dopo avere visto la serie non è affatto un problema, anzi. Ho appena finito quel mattonazzo del romanzo di Dan Simmons da cui è stata tratta The Terror (serie che vi consiglio, su Amazon), preso in mano quando ero a metà stagione. Le immagini dello show mi hanno aiutata a visualizzare meglio l’atmosfera cupa e suggestiva della vicenda. Certi snodi di trama mi sono risultati chiari solo perché li avevo già visti in tv.
Ma, soprattutto, mi sono goduta le parti comuni, quelle che nella serie sono rimaste simili al libro, perché leggerle in prosa è un’esperienza differente dal vederle sullo schermo; allo stesso modo, ho apprezzato tantissimo tutto quello che nel libro era diverso, alcune lunghe parti che lo show ha tagliato e che invece fanno volare il romanzo. L’idea che mi sono fatta è che The Terror serie sia un lavoro di adattamento meraviglioso: è evidentemente scritta da qualcuno che ha studiato nei minimi dettagli l’opera di Simmons; cambia parecchie cose, con lo scopo però di ottenere lo stesso effetto del libro. Non so se avrei avuto voglia di arrivare in fondo al romanzo, che invece è meritevolissimo, se non avessi già conosciuto quel mondo narrativo attraverso le immagini.
Un’altra esperienza integrata molto felice è stata quella di guardare Altered Carbon e leggere il libro contemporaneamente. In quel caso credo sia stato il modo migliore per fruire libro e serie, una potenziava l’altra (lo so che AC è piaciuto quasi solo a me, pazienza). Invece, l’anno scorso ho provato la pratica al contrario, leggendo Il racconto dell’ancella e L’altra Grace, di Margaret Atwood, prima di guardare le serie The Handmaid’s Tale e Alias Grace. In quel caso non è andata altrettanto bene. Per quale motivo? È davvero solo perché sono show estremamente aderenti alla fonte letteraria? Non hanno da dire altro, sono già esauriti dai romanzi? Eppure sono due serie di qualità altissima, anche dal punto di vista estetico. Probabilmente avrebbe avuto più senso fare l’operazione inversa: leggere i romanzi dopo, godendo proprio di quell’apparato visivo così perfetto, scendendo nel dettaglio della riflessione già conosciuta. Sono certa che avrei gradito i romanzi almeno quanto li ho apprezzati leggendoli senza conoscerne le vicende.
Ho capito qual è il senso di marcia in molti casi: prima l’audiovisivo, film o serie, poi il libro. Voglio continuare a farlo. Rimanere in un’universo narrativo molte più ore del previsto, prima con le puntate poi con la lettura, scoprirne le parti mancanti, dissolvere la sintesi necessaria a costruire certi show. Un buon candidato è il romanzo (raccolta di romanzi) I Melrose, di Edward St. Aubyn, da cui è tratta la serie Patrick Melrose, partita benissimo con 2 episodi molto diversi tra loro che mi hanno risucchiata nell’incubo familiare del protagonista. Vedremo come andrà, il libro si annuncia mattonazzissimo.
Nel frattempo, sto leggendo …e ora parliamo di Kevin di Lionel Shriver, da cui è stato tratto il bel film di Lynne Ramsay con lo stesso titolo (We Need to Talk About Kevin). È ancora una volta chiaro quanto sia stato fatto bene l’adattamento della fonte, sintetizzando le 400 pagine del romanzo in un numero limitato di scene che, per quanto ho letto fin qua, colgono perfettamente lo spirito del libro. Ma leggerlo oggi non è ridondante, anzi, è proprio il viaggio che volevo fare nell’angoscia legata alla maternità della protagonista e alla complessità del problema. Vista la bravura di Ramsay negli adattamenti, passerò anche a Non sei mai stato qui, il libro da cui la regista ha tratto il suo nuovo film You Were Never Really Here, che forse fate ancora in tempo a trovare in sala. Alla fine, ho capito che una delle cose più interessanti della lettura post visione è studiare il meccanismo usato dagli autori per tradurre in audiovisivo qualcosa che funziona in modo completamente diverso.