Game of Thrones 8x06, finale: The Iron Throne

Finisce la stagione 8 e la serie che ha segnato il decennio

Sara Mazzoni
12 min readMay 20, 2019

Ed eccoci arrivati tutti insieme alla fine di un lunghissimo percorso, che ha segnato nel bene-nel male-nel meh il decennio corrente di visioni seriali. È difficilissimo dire addio a Game of Thrones, non importa quanto controverse possano essere le sue scelte. Non importa, è Game of Thrones. Chi guarda tante serie tv sa bene che il finale è un momento critico, quasi impossibile da azzeccare. The Iron Throne però non è terribile, anche se preso singolarmente non è un episodio tra i migliori. È più che altro un epilogo, laddove il vero picco della stagione è nella distruzione di King’s Landing, preceduta dall’altro snodo fondamentale, la sconfitta dei White Walker. La struttura della stagione 8 è stata strana perché ha pressato i plot point che andavano bene per due stagioni dentro a una sola, cortissima — probabilmente in virtù della fretta che Benioff & Weiss avevano di passare ad altri progetti. Ne è risultata una struttura quanto meno originale, ma i cui meccanismi non funzionano perfettamente (per me l’hype vero è stato nell’attesa tra il 2° e il 3° episodio, da lì in avanti non c’è stato più lo stesso tiro).

Il meglio (entusiasmo non pervenuto, ma è giusto così)

La parte iniziale dell’episodio ha un clima sospeso, sa di sogno e incubo più di qualsiasi altro momento di Game of Thrones, dal cui solito stile si allontana. Non è un difetto, non è necessariamente un pregio; è solo altro. È fastidioso, è interessante. Ha il segno fantasy metallaro, visualmente è notevole, ma esce dal contesto epico che era abituale allo show per entrare in quello funebre della chiusura di serie.

Daenerys pare una regina cattiva Disney e la sua celebrazione da dittatrice è grandiosa — ha fatto volare il mio spirito orfano di Cersei. Notate come il suo discorso inaugurale venga fatto in una lingua straniera, a ricordare che questa presa del potere è un’invasione, con tanto di striscioni nazisti col simbolo inquietantissimo dei Targaryen (però bello). Questo punto mi ha fatto capire quanto mi sarei divertita a vedere una stagione intera con la Dany in versione hitleriana.

Compromessi meh per il trono (didascalicamente sottolineati da una battuta meta): la tonalità minore del finale, senza vera gloria per i condottieri, è appropriata alla situazione. È un momento funebre perché Game of Thrones muore, sarebbe stato di cattivo gusto chiudere con l’acclamazione di un personaggio molto amato (ehm, Jon Snow). Ma non è questa la vera ragione. Per la piega presa dalla storia; per il significato che attribuisce alla guerra; e per la descrizione di monarchia che dà (una cosa abbastanza brutta e pericolosa), non si poteva chiudere gloriosamente e il tono smorzato dell’episodio è quello giusto.

Ho apprezzato come viene risolta la questione “Jon Snow è ignifugo?”, ovvero che sia reso come un fatto soltanto simbolico. Il drago sceglie di non ucciderlo — forse perché sente qualcosa di atavico nei suoi confronti, forse per altri motivi — senza bisogno di una scena che sarebbe stata totalmente fuori luogo. Una rinascita dalle fiamme l’abbiamo già vista con Daenerys, mentre Jon Snow è letteralmente risorto. Ma, a prescindere, sarebbe stato un elemento fuori tono in questo episodio conclusivo.

Anche la profezia di Azor Ahai viene trattata in modo meno letterale e a questo punto non avrebbe più avuto senso fare diversamente. Gli elementi magici se ne sono andati coi White Walker, anche se abbiamo un drago sputafiamme che appare in quasi ogni episodio. Mi è dispiaciuto che certe cose siano sparite nel nulla (Lord of Light e visioni di Bran), fatto che potrebbe dipendere dalla necessità di chiudere rapidamente come anche no. Che Jon non diventi infuso di luce lo trovo un fatto positivo, specie mentre uccide Daenerys.

La morte di Daenerys non è un momento lacrimevole, e non solo perché la faccenda tra lei e Jon Snow è stata costruita fin dall’inizio così male da non farci sentire alcun melodramma — direi per fortuna: si tratta pur sempre di un tizio che uccide la sua ex (nonché sua zia). Non è lacrimevole perché Daenerys è già morta nella puntata precedente, lasciando il posto a una nuova versione della regina Targaryen. Daenerys Mad Queen non è un personaggio che facciamo in tempo a conoscere. È una cattiva un po’ macchiettistica e la sua morte risulta quindi poco dolorosa, uno snodo di trama non tanto giocato per lo shock value (una buona volta) ma consequenziale al resto. Daenerys-il-personaggio-di-8-stagioni-di-Game-of-Thrones è perita nella distruzione di King’s Landing; all’alba di questo lunedì abbiamo quasi già elaborato il lutto e possiamo assistere al suo omicidio con rassegnazione. Brava Emilia Clarke per come caratterizza questa Dany invasata cambiandone la parlata e le espressioni. Per quanto riguarda il suo viso, noterete che mettere a ferro e fuoco una città ha l’effetto di un filtro bellezza di Snapchat. Sulle altre implicazioni della morte della Dany torno più giù.

Tornando ai simboli, fa bene Drogon a togliere di mezzo quell’accidenti di trono di spade. Più concretamente, fanno ancor meglio gli altri ad abolire la successione dinastica dal loro sistema monarchico. Vogliamo poi vedere come faranno ad applicare la regola dopo Bran senza scannarsi, ma quella è materia per i sequel.

Bello che la puntata si prenda i suoi tempi per farci vedere quello che viene dopo per i nostri personaggi. Sono tanti finali in uno ed è giusto così, una conclusione strutturata diversamente sarebbe stata monca.

Chi vince Game of Thrones

1° posto. Bran the Broken. Ci ha fatto credere di essere diventato un albero, #einvece. Adesso non solo regna, ma va pure a recuperare Drogon, così da garantirsi un warging di prima categoria nel tempo libero — meglio del drone.

2° posto. Sansa Queen in the North, preceduta dalla medesima con le treccine e il bustino sadomaso. Un finale senza Sansa regina di qualcosa sarebbe stato sgradevole: il personaggio è stato coltivato nella direzione del governo fin dai suoi primissimi passi. Sapevamo che non poteva diventare una semplice ministra, d’altra parte vi ricorderete che prima di Littlefinger la vera mentore di Sansa è stata Cersei. Sansa aveva iniziato il suo arco in Game of Thrones preparandosi a diventare la futura regina, promessa sposa del caro Joffrey. Chiude l’avventura incoronata da sola nel suo regno indipendente uscito dal Macbeth.

Il regno di cugino Itt

3° posto. Arya West of Westeros. È uno di quei casi in cui un finale ampiamente previsto non suona come fanservice!!1! Ormai sono anni che sappiamo che Arya sarebbe andata in cerca di quello che c’è a ovest di Westeros. È veramente difficile pensare a un finale altrettanto coerente col percorso del personaggio.

4° posto. Jon Snow. Non voleva fare il re, non voleva più fare il Guardiano della Notte. Cosa desiderava davvero Jon? Passare il resto della vita tra i ghiacci con Tormund e il cane. Così è stato.

Insomma, vincono tutti gli Stark superstiti. Quanto agli altri: Verme Grigio guerriero immortale esce vivo dalla serie, incazzato come una bestia. Tyrion merita un discorso a parte, per quanto ha avuto fortuna. Sam è lord con moglie e figli, lavora per il governo, fa l’editore. Bronn si è sistemato al meglio delle sue possibilità (perché i Lannister pagano sempre i loro debiti, ma per fortuna non ci viene ripetuto). Brienne fa quello che aveva sempre voluto: la guardia al re. Podrick spinge la carrozzina. Davos non combina nulla per un’intera stagione e finisce più o meno dove aveva iniziato, consigliere di un potente. Yara esiste. Edmure Tully deve ringraziare di essere ancora al mondo, sottintende Sansa. Un paio di Lord non si sa bene chi siano, ma ci sta che appaia qualche faccia nuova dopo le decimazioni occorse nelle varie guerre.

Come fa notare più o meno chiunque, i personaggi sono andati incontro al loro destino. Jon Snow è uno dei pochi che in un certo senso sfugge a questa legge, chiudendo la sua vicenda lontano dalle famiglie nobili che l’hanno generato e dai compiti che la società gli ha assegnato. Ma soprattutto, finisce in netta contrapposizione con la sua condizione di “eletto”, di principe segreto. D’altra parte, il trono di spade non c’è più e Jon è stato liberato da quel simbolo. Il cognome bastardo Snow, mantenuto fino alla fine, finisce per rappresentare la libertà del personaggio da questi vincoli, il suo essere Freefolk.

Nepotismi e favoritismi (un’ottica più spicciola su certi aspetti)

La secessione è facile, se tuo fratello è il re che te la concede. Tempo tecnico 2 secondi e sei regina. D’altra parte è quello per cui hai studiato.

La sentenza a vita di Jon Snow è comandare la legione straniera: capisco che lui potesse non averne voglia (“noooo non la Barriera di nuovooooooo”), ma è pur sempre un ruolo di potere. Okay, era la stessa sentenza di Ned Stark e l’hanno riproposta al suo avatar Jon. Ironicamente, lui decide lo stesso di scappare nel vero nord. Alla fine ha ragione: suo fratello-cugino è il re, la verità è che può fare quello che gli pare.

Tyrion ha ucciso suo padre, strangolato la sua amante, fatto casino con vari re/regine e sostenuto strenuamente una condottiera che si è rivelata sterminatrice di massa. Ha contribuito col suo operato alla distruzione di King’s Landing, facendo tra l’altro giustiziare Varys che cercava di impedirlo. La conseguenza è che viene nominato primo ministro (per punizione, eh): in effetti ha fatto anche cose buone.

Bronn finisce nel consiglio regale per ragioni non proprio trasparenti (è amico del primo ministro).

Welcome into the boy’s club, Brie

No dai

I dialoghi sono atroci. Quello tra Jon e Daenerys è terribile, come le battute di Arya (“I know a killer when I see one”, oddio…), i monologhi di Tyrion sono imbarazzanti. I numerosi momenti meta sono esageratamente autocelebrativi, specie il pippone sulle narrazioni. Il piano di Daenerys (break the wheel) si realizza almeno in parte, e va benissimo. Non c’era bisogno della didascalia nel dialogo per farcelo notare, però. La gag di Edmure Tully fa ridere, eppure non so se è necessaria; più che altro, i momenti ammiccanti sono troppi, si accumulano uno sull’altro.

Ritmo dilatato all’inverosimile in alcuni passaggi, troppo. Camminate infinite che risultano meno solenni di quanto Benioff & Weiss si raccontino.

Tyrion viene eccessivamente premiato dal racconto, soprattutto tenendo a mente come il personaggio è stato descritto in modo fallimentare dalle ultime stagioni. Questo è il finale che avremmo auspicato per il Tyrion iniziale, ma non per quello arrivato alla stagione 8.

Se Drogon ha chiaro che la lotta per il potere ha fatto impazzire sua mamma (=sciogliere il trono di spade che la ossessionava), perché si è prestato a distruggere la città? A ceneri depositate si rivela un drago un po’ paraculo. O, quanto meno, soffre di stress post traumatico e prima “stava solo eseguendo degli ordini”.

Lo so che vi dà fastidio sentirlo dire, ma involontariamente o meno quello che viene rappresentato nell’arco che porta alla morte di Daenerys è una lega di uomini che si coalizza contro la donna di potere per il bene supremo (chiaramente lei è pazza, violenta e pericolosa; chiaramente a Jon e Tyrion si spezza ipocritamente il cuore ma non possono fare diversamente etc.). Non sto dicendo che la serie sia stata costruita con questo scopo, anzi, penso che questi elementi narrativi siano lì con altri obiettivi. Vi sto facendo notare che però questa componente c’è lo stesso: al di là di qualsiasi intenzione vogliamo vederci, l’azione finisce per svilupparsi così ed è inquietante, come lo è il fatto che chi la scrive non se ne renda conto. La terza stagione di The Good Fight è un buon esempio di come una serie (femminista) possa mostrare la deriva negativa del potere, con un personaggio principale (femminile) che sceglie il dark side più becero: il problema non è farlo vedere, il punto è in che modo. Per altro, The Good Fight parla di un mondo moralmente ancora più ambiguo rispetto a Game of Thrones, specialmente al GoT di questa stagione.

Forse una delle falle della serie è stata non riuscire a enfatizzare abbastanza il suo antimilitarismo, in partenza più chiaramente legato agli archi dei personaggi, compresa Daenerys. Penso appunto che l’intenzione con la sua svolta nazi fosse chiudere un cerchio mostrando le conseguenze di un’educazione al potere e alle armi; ma, come dicono in molti, l’esecuzione non ha reso un grande servizio al concetto.

Come ho già detto altre volte — e non dovrebbe neanche esserci bisogno di ripeterlo, ma non si sa mai — per me Game of Thrones rappresenta un grande pezzo di televisione; questo pensiero però coesiste con la possibilità di vederne i limiti e di criticare le scelte degli autori. Tante volte, una cosa può essere “buona” e “cattiva” allo stesso tempo, questo show lo ha dimostrato ampiamente. Lontano dall’essere perfetto, è stato acuto nel cercare di sovvertire alcuni cliché, ma piuttosto miope verso altri. Ha avuto momenti alti e cadute terribili. Mi mancherà molto, ma spero che quello che verrà in futuro (prequel, sequel, alternative) venga sviluppato con una visione più ampia, ottenibile anche attraverso una writer’s room più grande e più inclusiva.

Burionismi e dracarys

Durante quest’ultima stagione, si è creata un’enorme conversazione mediatica su Game of Thrones: spettatori sui social, youtuber, critici, in milioni ne abbiamo parlato. L’esperienza è stata vissuta, condivisa e commentata collettivamente, le controversie non sono mancate. Il pre-finale di serie ha sollevato un polverone per quella che è stato definita da molti la charachter assassination di Daenerys. Il fatto che una petizione online per la riscrittura dell’ottava stagione abbia raggiunto più di un milione di firme ha sollevato l’ennesima controversia collegata allo show: tante voci si sono levate per dire che la petizione è idiota e che chi la firma non capisce niente dell’industria televisiva. Come spesso accade, è stato invocato l’argomento dell’incompentenza dei contestatori, spesso esteso genericamente a chi esprime una critica, ragionata o meno. Bene, vi dico cosa ne penso io.

Io non ho firmato la petizione, ma non penso nulla di male di chi invece l’ha fatto. Trovo la vicenda divertente e la petizione chiaramente faceta. Voglio dire, quando è morto David Bowie è partita una petizione contro la sua morte, questa su Game of Thrones mi sembrava fatta con uno spirito non troppo diverso. Non nego però che un fenomeno così virale possa avere conseguenze sulle strategie di una rete come HBO. Ma sinceramente non sono convinta che debbano per forza essere negative (o necessariamente positive). È semplicemente il mondo dell’intrattenimento in cui viviamo e consumiamo oggi.

Subvert my expectations LOL

Non ho partecipato neanche alle proteste per l’ottenimento del finale di Sense8, un grande fenomeno virale che potrebbe avere influenzato Netflix nelle decisioni relative allo show (non sappiamo come siano andate davvero le cose, ma solo come sono apparse da questo lato dello schermo). Le campagne anti-cancellazione delle serie sono una pratica che precede il web dei social e sono molto sentite dai vari fandom. La petizione su Game of Thrones non è esattamente la stessa cosa, ma non è neanche così distante. Queste pratiche partecipative fanno parte di quell’estensione ipertestuale e transmediale che è la serialità televisiva contemporanea, in cui l’opera non è costituita solo dal testo composto a monte dagli autori, ma è integrata da un enorme apparato di materiale “altro”, che finisce per far parte di una fruizione personalizzabile.

Non penso che il pubblico dovrebbe possedere un patentino di competenza per avere il diritto di commentare quello che guarda. Sono settimane che sui social leggo status di persone che scagliano anatemi contro chi si permette di criticare le scelte narrative dello show più visto del mondo. Eppure, il pubblico è sempre più specializzato nel comprendere le logiche di scrittura delle serie che guarda. Del famigerato storytelling ha assorbito e compreso regole, meccanismi e cliché. Ma proviamo a passare oltre a questo punto. Pretendere che chi fruisce di opere narrative popolari poi non possa nemmeno azzardarsi a parlarne se non in termini entusiastici, lodando i prodi Autori con la A maiuscola, è qualcosa che rientrerebbe proprio nella mentalità di quella Daenerys Nazi-Mad Queen che abbiamo visto schiantarsi in questo finale di Game of Thrones.

Ridi meno

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Sara Mazzoni
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Written by Sara Mazzoni

Podcast: Attraverso Lo Schermo. Scrivo di cinema e televisione.

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