Game of Thrones 8x05 — The Bells

Se ne discuterà a lungo

Sara Mazzoni
11 min readMay 14, 2019

Episodio controverso come ormai l’intera stagione conclusiva, The Bells dimostra che spesso una cosa può essere bella e brutta al tempo stesso, sublime e sbagliata, senza che un aspetto annulli l’altro. Diretto magnificamente dal sempre ottimo Miguel Sapochnik, ha uno spessore che si avvicina (senza raggiungerli) a The Winds of Winter (6x10, l’esplosione del tempio accompagnata da uno dei più bei pezzi di Ramin Djawadi) e a Hardhome (5x08), due episodi dello stesso regista. Ci sono purtroppo momenti incredibilmente stupidi che ne inquinano il valore; esclusi quelli, è una puntata memorabile per la sua spettacolarità.

Cionondimeno, alcune sue componenti sono state costruite sbrigativamente solo per sconvolgere le aspettative del pubblico. È un effetto collaterale inevitabile nella scrittura di una serie che tutti ci sforziamo di anticipare e prevedere; ma questo non rende meno doverosa un’analisi anche dura, dopo una puntata così importante. Per me il punto fondamentale è che una scrittura coerente e solida ormai rende gli esiti prevedibili, è troppo difficile generare colpi di scena in quel modo. Il risultato è che certe svolte di Game of Thrones non suonano come guadagnate dalla costruzione dei personaggi, ma sono lì solo per il famigerato shock value. Vi segnalo questi tre articoli che ho letto in giro grazie agli amici di Facebook e queste due analisi su YouTube; concordo con alcune loro parti, ma cercherò di parlarne con parole mie.

Prima di tutto, le cose belle

La faccia devastata di Daenerys, perfetta per l’occasione.

Arya usa il suo potere da celebrità di Westeros. Essendo la famosa eroina della battaglia di Winterfell, nessuno le può dire niente. Lei e il Mastino lo sanno e ne approfittano, in uno dei rari guizzi divertenti della puntata.

The stupidest Lannister. Okay, c’era un’altra cosa che faceva ridere ed era questa battuta (assieme a quella del Mastino quando cerca di uccidere suo fratello).

La porta della città abbattuta dall’interno verso l’esterno.

Vedere un drago che sputa fuoco ha sempre il suo fascino. Presa in sé, la distruzione di King’s Landing è un gran bel pezzo di televisione.

La confusione di Jon Snow. Quel momento in cui Jon si rende conto di aver sbagliato tutto. Il colpo al cuore di vedere il suo stesso esercito lanciarsi contro i soldati disarmati. Nessuno gli dà più retta. La trasformazione in supervillain di Daenerys ha una ricaduta anche su Jon Snow, che è partecipe di quella sconfitta morale. Non è più un eroe senza macchia, anche le sue mani sono sporche di sangue. Su questo viene messo un asterisco quando Jon uccide uno dei suoi per impedirgli di nuocere, anticipando la determinazione futura nel fare fuori Daenerys. È una minima assoluzione morale che viene concessa al personaggio, ma spero che il finale sia severo anche nei suoi confronti, esaminando i limiti di un buono che non è privo di falle e alla fine si è rivelato incapace di salvare migliaia di vite umane (il suo obiettivo da sempre).

C’è qualcosa che non mi torna

La visione di Bran si avvera. In coerenza con quanto mostrato in passato, l’ombra del drago che vola su King’s Landing appare davvero nell’episodio. Nel prossimo dovremmo vedere ciò che Daenerys aveva visto nella House of the Undying della stagione 2, ovvero il trono di spade nella sala distrutta, mentre dal cielo cade qualcosa che può essere neve o cenere.

C’è un momento in cui Verme Grigio valuta se uccidere Jon Snow, prima di ributtarsi nella battaglia ammazzando soldati a caso.

Cleganebowl. Momento più metal della stagione, con la Montagna in controluce sulla torre, davanti a un cielo sconvolto mentre l’apocalisse si abbatte sulla capitale. Il suo volto zombie rivelato. La fine tra le fiamme dell’inferno. Era uno scontro desideratissimo più o meno da ogni fan, quindi pericolosamente in odore di fanservice!!1!, ma era giusto così ed era bello il suo incedere vagamente da b-movie. Come tante sequenze nella puntata, la messa in scena di Sapochnik ha reso questo passaggio spettacolare.

Jaime e Cersei muoiono abbracciati. Come doveva essere. Che Jaime stesse andando a ucciderla era un’idea brutta e sbagliata. Lui le è stato accanto per tutta la vita, il loro amore è stata la ribellione contro qualsiasi norma li accompagnasse: contro Tywin, contro la società, contro re Robert, contro il proseguimento del nome Lannister, contro qualsiasi morale, a costo di lanciare bambini dalle finestre. Sono maledetti, ovviamente, Bonnie & Clyde destinati alla morte, sotto alle rovine del regno di Cersei. Jaime muore schiacciato da una Targaryen che brucia la città, ricollegandosi all’evento che lo ha definito come personaggio: il salvataggio di King’s Landing dal padre di Daenerys. Questa volta soccombe con la capitale.

Le vampate di wildfire verde mentre Drogon brucia la città, a dimostrazione del fatto che King’s Landing ne aveva ancora qualche scorta nascosta — ovviamente ci devono ricordare che Daenerys sta completando il folle piano del suo folle genitore, burn ’em all.

L’orrore della guerra. La presenza di Arya nella città assediata serve a fornirci un punto di vista interno, quello del popolo inerme che si trova sotto ai bombardamenti. Al di là della spettacolarità dell’episodio, realizzato splendidamente, il suo grande pregio è proprio mostrarci la battaglia in modo non epico, ma soltanto disperato. Mentre Daenerys si trasforma, anche il suo esercito di Dothraki e Unsullied mostra il proprio vero volto. Sono soldati senza pietà; come credevamo che funzionasse l’invasione di una città? Ma anche l’esercito del Nord non è da meno. Ogni regola morale è persa perché la guerra impazza, l’umanità armata uccide e stupra, quella inerme viene distrutta, come in ogni sterminio di massa. Arya, l’elegante assassina che volteggiava tra gli zombie, qui è solo una delle tante persone terrorizzate che fugge per le strade, alla mercé di quel dio della morte che credeva di avere eliminato.

Le cazzate senza senso

Drogon si lancia sulle navi e sui bastioni da cui gli sparano frecce addosso, come quando è morto Rhaegal. Per ragioni misteriose, questa volta sembra che le frecce non possano colpirlo: il suo plot armor è troppo spesso.

Euron uscito dal nulla proprio lì, dove in quel momento transita Jaime. Euron che a quel punto, sopravvissuto al naufragio, desidera solo uccidere Jaime. Le provocazioni “mi sono trombato tua sorella”. Una schifezza senza senso come il personaggio di Euron, il momento più basso dell’intera serie.

Vi prego, no

Gente che va un po’ dove le pare. La fuga di Jaime dalla prigionia, che per altro passa inosservata; sia lui, sia Arya e il Mastino entrano indisturbati a King’s Landing, a dimostrazione del fatto che un omicidio mirato lo si poteva progettare da sempre, senza scomodare eserciti.

Ma quindi bastava che Daenerys volasse da sola su King’s Landing ventotto puntate fa, non c’era bisogno della flotta, dell’alleanza con altre casate, dei consiglieri, della guerra, non c’era bisogno di niente.

Dell’elefantone nella stanza se ne riparla dopo tutto il resto.

Bene ma non benissimo

Recap iniziale in cui sembrava quasi di intravedere l’angioletto e il diavoletto sulla spalla di Daenerys, e che anticipa la svolta Mad Queen mimando le voci nella sua testa, metafora della follia ereditata dal padre. Tutto molto chiaro, non sarà mica un pelo didascalico? Accontentiamoci, perché è l’unica vera e propria costruzione della sua follia che la serie ci abbia concesso.

Varys. Finisce come deve finire, la sua morte annunciata fin dal primo momento al servizio di Daenerys. D’altra parte, le sue scommesse si sono fate sempre più pericolose. Scena efficace, con l’apparizione del drago dall’oscurità, che anticipa i Dracarys successivi. Tutto coerente, ma non riesco a segnarlo tra le cose belle per cui lo metto qua.

Il piano di Tyrion. Lodevole da parte sua, gentile a volere salvare la sorella e soprattutto King’s Landing, a costo della propria esecuzione. C’era una certa punta di ingenuità e di forzatura, però. Jaime poteva arrivare in città in altri modi, questa serie di eventi è lì solo perché la sceneggiatura ne ha bisogno: serve a far incontrare di nuovo i due fratelli per l’addio, a creare suspense (quella di Tyrion è una trappola? Se non lo è, Cersei può ancora farcela? Riuscirà il nostro eroe a trarla in salvo?), e a far compiere una scelta importante a Tyrion, quella che definisce il suo personaggio (si gioca la vita per salvare la città sapendo che Daenerys lo arrostirà).

Golden Company. LOL.

Tyrion cammina tra i cadaveri. Immagine bellissima, ma ti chiedi Tyrion dove cazzo vuoi andare?!

Le vocine che gridano Ring the bells. Carino, ma mi sembrava troppo uno sketch dei Monty Python.

Grazie Sandorone. Era necessario un momento strappalacrime in cui Arya si separa dal suo padre adottivo. È lo stesso un po’ stucchevole.

Qyburn e la Montagna. Dipartita sbrigativa ma tutto sommato giusta per mano della sua creatura. La Montagna mostra di avere una propria volontà per la prima e ultima volta, innescata dall’arrivo del fratello. Ci possiamo credere, ma bisogna pensarci un attimo visto che è in contraddizione con tutto quello che ci hanno mostrato prima del Clegane zombie.

Cersei damsel in distress. Carine le scene in cui Qyburn le dà gli aggiornamenti, sembrano delle basi per meme e/o delle barzellette retrò. Sono rimasta vagamente delusa nel vederla annichilita, senza parole, senza più un’identità. Ci sta, nella situazione, ma per una villain così importante è stato un addio un po’ troppo sottotono.

Evil Daenerys, parliamone

La questione è così importante che va discussa a prescindere da tutte le categorizzazioni di cui sopra. Non è un male in assoluto che ci sia un’Evil Daenerys e che lei sia diventata il mostro finale, è un’idea interessante che probabilmente è stata concordata con George R.R. Martin ed è stata seminata lungo lo show con indizi molto vaghi. Non è però stata realizzata al meglio nell’episodio perché è stata data troppa importanza alla ricerca di un effetto shock, e questo è un difetto grave nel twist più importante dell’intera serie.

Daenerys è una delle vere e proprie protagoniste di Game of Thrones, insieme a Jon Snow e Arya. La decisione che prende appollaiata sulle mura di King’s Landing (burn ’em all) diventa la chiave di lettura del suo intero arco di personaggio dal 2011 a oggi. La sua scelta è particolarmente crudele e insensata: i nemici si sono arresi e hanno gettato le armi, la città è conquistata. Ma a quel punto qualcosa va storto nella sua testa, e Daenerys decide invece di radere al suolo il palazzo del governo e bruciare tutti i cittadini inermi che trova a tiro, mentre il suo esercito stermina il resto della popolazione. La sceneggiatura contestualizza l’atto come cattiveria gratuita, non necessario ai fini della guerra.

Tutto quello che ci dice Dany prima di lanciarsi in battaglia è che se la gente ama di più Jon Snow (la gente = solo Varys e le sorelle di Jon), allora tanto vale governare col terrore. La breaker of chains improvvisamente non è più interessata a rompere catene o ruote del potere, ma solo a essere temuta dai sudditi che è venuta a reclamare. Non c’entra niente con la Daenerys che è arrivata fin lì, quella che è andata a combattere il Night King e che ha ucciso malamente solo i rappresentanti del potere oppressivo, come gli schiavisti di Meereen e i patriarchi Dothraki. Quando ha messo al rogo la sacerdotessa Mirri Maz Duur, si trattava della donna che aveva ucciso suo marito ingannandola. I Tarly erano nemici giustiziati sul campo di battaglia. C’è una differenza enorme rispetto a quello che succede in The Bells.

Durante la stagione 8, Daenerys è stata caricata di fatiche e sconfitte, ma nessuna giustifica davvero la decisione che prende nel momento cruciale, proprio perché ci viene mostrata come particolarmente gratuita, inutile e cattiva. Ha la possibilità di chiudere la guerra e salire sul trono, ma decide diversamente perché “all’improvviso impazzisce”. Il mio punto non è a priori contro l’idea di Daenerys che distrugge King’s Landing, ma contro questa modalità, l’impulso che le viene attribuito: quello di uccidere gli innocenti tanto per farlo, perché è “triste e arrabbiata”. È completamente fuori dalla psicologia del suo personaggio. Cersei in passato non è stata spinta in profondità nel suo lato oscuro schiacciando un bottone all’improvviso, ma con una lunga preparazione: pensate a come si arriva all’esplosione del tempio. Con Dany non lo si è voluto o saputo fare, perché si è preferito il colpo di scena alla coerenza del personaggio.

Purtroppo, eseguita così non è solo scrittura pigra, ma anche uno stereotipo sessista (probabilmente involontario, se do il beneficio del dubbio ai nostri autori): quello della donna che è inadatta al potere perché “è matta”, che scatenerebbe la guerra nucleare perché “ha il pre-mestruo”. Questo cliché mi richiama per assonanza le banalità che vengono continuamente dette su Cersei —ci ripetono di continuo che tutte le sue motivazioni sono legate al fatto di essere madre, come viene ribadito per la centesima volta in questa puntata: BOOOOOOORIIIIING. Il modo in cui Dany diventa Mad Queen è una delusione, l’ennesimo cliché che si abbatte sulle donne di Westeros, un passaggio realizzato in maniera casuale e svogliata nell’istante più importante di tutta la serie.

Ciò detto, a prescindere dalla sua esecuzione il twist renderà il rewatch di Game of Thrones interessante, perché sapremo già che una delle protagoniste in realtà è anche la massima antagonista e vedremo tante cose sotto una luce diversa.

Il futuro

Se il finale sarà davvero bittersweet come ha anticipato George Martin, direi che la parte bitter è stata ampiamente introdotta da questo episodio. La parte sweet quale può essere? Io mi sono immaginata un finale Gone Girl, in cui a Jon Snow è scesa tantissimo la catena ma deve rimanere al fianco di Daenerys perché stanno per avere un figlio. A questo punto, non sarei esageratamente sorpresa.

Cosa ne sarà di Tyrion? In che modo l’ultimo Lannister può evitare di essere ammazzato? Ma soprattutto, cercherà di evitarlo?

Occhio Sansa perché adesso Daenerys viene a prendere anche te.

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Sara Mazzoni
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Written by Sara Mazzoni

Podcast: Attraverso Lo Schermo. Scrivo di cinema e televisione.

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